http://www.comune.roma.it/PCR/resources/cms/documents/_OrdinanzaSindaco36_2014.pdf
di
Gianni Lannes
Mancato
allarme per 16 anni. Quante persone si sono ammalate o sono decedute a
causa dei veleni contenuti nell'oro blu? Dai rubinetti di Roma
Nord esce acqua all’arsenico. La situazione è nota all’Amministrazione
comunale
e Regionale, almeno - come attestano i documenti ufficiali - dal 25
marzo 1998.
Il 21 febbraio 2014, finalmente l’attuale sindaco di
Roma, Ignazio Marino (un medico targato Pd, insediatosi il 12 giugno 2013) ha
sfornato l’ordinanza numero 36.
Ma perché il primo cittadino ha atteso una settimana
prima di rendere pubblica l'ordinanza con il «divieto di consumo umano» per
l'acqua all'arsenico presente negli acquedotti dell'Arsial appartenenti alla Regione?
E, soprattutto, perché i risultati dell’Azienda
sanitaria locale sull'acqua batteriologicamente e chimicamente compromessa, già
disponibili dal 17 dicembre, non si sono immediatamente tradotti in un adeguato
avviso ai cittadini dei Municipi XIV e XV? Sono queste alcune delle domande
alle quali cercherà di dare una riposta la Procura della Repubblica che ha
aperto un fascicolo per chiarire le responsabilità del Comune. Una delle
ipotesi di reato potrebbe essere quella di mancato allarme. Il fascicolo,
aperto da Roberto Cucchiari, che coordina le inchieste relative alla salute
pubblica, è stato affidato al pm Maria Letizia Golfieri.
Sinistra,
destra e centro, oppure verdi, rossi, bianchi, neri e tricolore:
nessuna differenza in questo caso. Appunto dal 1998, quando il fenomeno
dell’inquinamento
era già emerso e ben noto alle massime autorità locali, si sono
susseguiti i
seguenti sindaci: Francesco Rutelli (1993-2001), Walter Veltroni (2001-2008),
Giovanni Alemanno (2008-2013), e infine Ignazio Marino. Mentre i governatori sono stati
nell’ordine: Piero Badaloni (1995-2000), Francesco Storace (2000-2005), Piero
Marrazzo (2005-2009), Esterino Montino (2009-2010), Renata Polverini
(2010-2013), e infine Nicola Zingaretti.
L’ordinanza del sindaco Marino presenta alcune
incongruenze. In alcune parti, infatti, si parla di ”arsenico”, mentre in altri
passaggi c’è un generico riferimento all'inquinamento batteriologico.
ìA contribuire ad accendere un faro sui ritardi del Comune nella gestione di questa "emergenza", sono stati tre esposti. Inizialmente, quello di Riccardo Corsetto, portavoce di Primavera nazionale coordinamento Roma Nord, che ha chiesto di verificare «se esistano profili illeciti nel comportamento tenuto dal Comune, che ha vietato l'utilizzo dell'acqua a 5000 persone», senza che nessun suo organo ufficiale «desse ai media adeguata comunicazione». Il secondo esposto porta la firma del Codacons, che ha chiesto di fare luce «su eventuali ritardi od omissioni da parte dell'amministrazione nelle informazioni rese agli utenti; di chiarire se la salute dei cittadini sia stata garantita e se la tempistica seguita dal Comune nel diramare l'allarme sia stata congrua». Infine, una denuncia è stata firmata da Fabrizio Ghera, capogruppo capitolino di Fratelli d'Italia. La questione, di cui discuterà in consiglio comunale giovedì, approderà anche al Parlamento europeo: la sua vice-presidente, Roberta Angelilli, ha investito del caso la Commissione Europea, con una interrogazione sui ritardi dell'amministrazione capitolina. E c'è anche un'inchiesta interna al Campidoglio.
ìA contribuire ad accendere un faro sui ritardi del Comune nella gestione di questa "emergenza", sono stati tre esposti. Inizialmente, quello di Riccardo Corsetto, portavoce di Primavera nazionale coordinamento Roma Nord, che ha chiesto di verificare «se esistano profili illeciti nel comportamento tenuto dal Comune, che ha vietato l'utilizzo dell'acqua a 5000 persone», senza che nessun suo organo ufficiale «desse ai media adeguata comunicazione». Il secondo esposto porta la firma del Codacons, che ha chiesto di fare luce «su eventuali ritardi od omissioni da parte dell'amministrazione nelle informazioni rese agli utenti; di chiarire se la salute dei cittadini sia stata garantita e se la tempistica seguita dal Comune nel diramare l'allarme sia stata congrua». Infine, una denuncia è stata firmata da Fabrizio Ghera, capogruppo capitolino di Fratelli d'Italia. La questione, di cui discuterà in consiglio comunale giovedì, approderà anche al Parlamento europeo: la sua vice-presidente, Roberta Angelilli, ha investito del caso la Commissione Europea, con una interrogazione sui ritardi dell'amministrazione capitolina. E c'è anche un'inchiesta interna al Campidoglio.
L'ordinanza di Marino
finita sotto accusa viene elaborata negli uffici del Dipartimento Sviluppo
infrastrutture: la sua versione finale, con l'allarme da diramare, è del 18
febbraio. Devono però passare tre giorni prima che venga firmata e protocollata
dal Segretariato (21 febbraio). Ma nei Municipi XIV e XV i cittadini continuano
ad utilizzare l'acqua («già da due anni si sapeva che non era potabile», ha
spiegato nei giorni scorsi l'Arsial, nel tentativo di minimizzare l'accaduto).
Soltanto il 28 febbraio, l'avviso finisce sul sito del Comune, in una posizione
”defilata”. Il giorno dopo, alle 16.43, l'Ansa batte il comunicato del
Campidoglio. Sono passati 11 giorni da quando i tecnici del Comune hanno
stilato il documento.
A due settimane dalla firma dell’ordinanza che con
ritardo clamoroso ha ufficializzato la pericolosità dell’acqua distribuita
dall’Arsial, si scopre che anche quell’informazione era lacunosa. Perché sul
sito web di Roma Capitale, l’unico dal quale era possibile scaricare
l’ordinanza con la lista delle strade interessate alla contaminazione, sarebbe
stato inserito un documento con una pagina in meno che ha messo in allarme la
popolazione. In altre parole, non solo il Campidoglio non ha stampato e affisso
i manifesti per avvisare i cittadini fin dal 18 febbraio (quando era in
possesso dei risultati negativi delle analisi). Ma dieci giorni dopo, quando
l’ordinanza è stata pubblicata sul sito del Comune (peraltro nemmeno sulla
homepage), è arrivata incompleta, senza la pagina 5, e ha tenuto con il fiato
sospeso tutti i residenti della zona. Lo spiacevole contrattempo è stato
risolto solo ieri, grazie all’intraprendenza di alcuni residenti.
Possono esistere correlazioni tra le morti di cancro
avvenute a Roma Nord e l'acqua regionale all'arsenico e all’amianto? La Asl
Roma E sta valutando la possibilità di avviare un'indagine epidemiologica per
verificare gli effetti dell'esposizione all'arsenico sulla popolazione di
Tragliatella, Malborghetto e le altre zone servite dall'acquedotto dell'Arsial,
il carrozzone pubblico della Regione Lazio sfruttato dai politici come un
bancomat. Acqua vietata per il consumo umano soltanto a partire dal primo
marzo. Acqua che gli abitanti della zona hanno utilizzato per anni. «Gli
effetti sulla popolazione si potranno vedere solo con uno studio approfondito»,
dice Daniele Gamberale, direttore del dipartimento Prevenzione dell'Asl Roma E,
l'azienda incaricata di tutti i controlli. «Il primo passo sarà capire quante
sono effettivamente le persone che negli anni sono state servite
dall'acquedotto regionale e che consumo c'è stato da parte dei residenti».
Secondo il dirigente della Asl «è ovvio che ci siano stati dei morti di cancro
in questa zona, dato che è la seconda causa di mortalità nel mondo occidentale.
Ora bisogna capire le correlazioni, per questo va fatta tutta una serie di approfondimenti»,
anche attraverso «gli studi di mortalità in possesso del nostro dipartimento di
Epidemiologia».
I rischi dell'arsenico sono noti. L'Agenzia
internazionale per la ricerca sul cancro valuta questa sostanza come
cancerogeno di «classe 1». Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità
l'avvelenamento da arsenico è «un disordine cronico derivante da prolungata
ingestione di questa sostanza sopra la dose sicura per un periodo superiore ai
6 mesi». Tra le malattie che colpiscono più comunemente si trovano «lesioni
dermatologiche, vari tipi di cancro - della pelle e dei polmoni ma anche della
prostata e delle vie urinarie - e infine disordini neurologici e
cardiovascolari», come ha spiegato il professor Luigi Naldi, presidente del
Centro studi del Gised, il Gruppo italiano studi epidemiologici in
Dermatologia. Alcune ricerche sostengono che questo tipo di esposizione alla
lunga possa comportare anche problemi all'apparato riproduttivo. «In tutti
questi casi - prosegue l'esperto - deve esserci un assorbimento prolungato nel
tempo, quindi nella maggior parte dei casi attraverso l'atto del bere».
Il caso dell'arsenico nell'acqua di rubinetto, in
alcune zone di Roma Capitale, è emblematico dell'incapacità di governare un
territorio da parte dell'attuale, e precedente, casta di politicanti e delle
sottostanti strutture organizzative. L'ordinanza sindacale che vieta l'uso
potabile dell'acqua è del 21 febbraio scorso. Se ne avuta notizia pubblica
soltanto dopo sette giorni. A che serve un ufficio comunicazione di Roma
Capitale composto da ben 30 persone se non sa essere tempestivo nella
comunicazione? L'ordinanza ha seguito i tempi tecnici, dicono a Roma Capitale.
Sì, certo ma la comunicazione dovrebbe seguire tempi diversi visto che siamo
nell'era di Internet, oltre a quella televisiva e radiofonica. L'acquedotto in
questione è dell'Arsial, l'ente regionale di sviluppo agricolo, che si
giustifica dicendo che sono anni che invia bollette con scritto "acqua non
potabile". Già, ma la bolletta si paga egualmente e poi quali misure sono
state predisposte, nel corso degli anni, per superare tale situazione? A
proposito, abbiamo provato a telefonare al numero verde dell'Arsial. Non risponde.
Sul sito Internet non abbiamo trovato notizie. Ora, sono intervenute le
autobotti dell’Acea. Scene da dopoguerra. Oltre all'arsenico c'è anche
l'inquinamento batteriologico. Terzo
mondo dell’Europa. Non è tutto: altre ampie zone del territorio
regionale sono gravemente inquinate e le istituzioni non hanno
bonificato, mentre la popolazione, spesos ignara dei rischi e pericoli,
si ammala.
Altro
che "La grande bellezza". Tranquilli,
anzi docili e servili come sempre, adesso atterra il clan Rockefeller e
sana anche l'inquimento provocato dall'inceneritore Basf.
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