D'un tratto nel folto bosco

Non c’era nessuno in tutto il paese che potesse insegnare ai bambini che la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quel che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero.
Amos Oz


domenica 7 luglio 2013

IL “DATAGATE” E’ UN SINTOMO. CIO’ CHE SI PREPARA E’ LA GUERRA

http://www.informarexresistere.fr/2013/07/05/il-datagate-e-un-sintomo-cio-che-si-prepara-e-la-guerra/

 IL “DATAGATE” E’ UN SINTOMO. CIO’ CHE SI PREPARA E’ LA GUERRA 
 - GIULIETTO CHIESA – lavocedellevoci.it  -
Per favore, niente indignazione! Sul Datagate si sapeva quasi tutto. C’è una risoluzione del Parlamento Europeo del 6 luglio 2006 che già indica con grande precisione quello che stava accadendo. E anch’essa arrivava in ritardo, perché si trattava di fatti che andavano avanti da oltre un decennio. Io me la ricordo bene perché la votai. Anzi fu votata a grande maggioranza dall’intero Parlamento. Risultati? Nemmeno una virgola si mosse.
La risoluzione aveva un titolo inequivoco: “Intercettazione di dati sui trasferimenti bancari del sistema SWIFT da parte dei servizi segreti americani”. Cosa sia la SWIFT è utile spiegarlo, perché fa piazza pulita di ogni illusione circa le intenzioni di Washington nei nostri riguardi. Altro che caccia ai terroristi! SWIFT significa “Society for Worldwide Interbanking Financial Telecommunications”. Società interamente controllata dal governo statunitense sebbene con sede in Belgio, ma in grado di tenere sotto strettissimo monitoraggio 8000 banche e istituti commerciali di 200 paesi, incluse varie banche centrali.
SWIFT non agiva (non agisce tuttora) di propria iniziativa. Esisteva (esiste) un programma denominato “Terrorist Finance Tracking Program”, dell’Amministrazione americana dell’epoca. Programma deciso a Washington e mai discusso o concordato con l’Europa. La risoluzione del Parlamento Europeo parte proprio da questo punto. State controllando tutto e tutti – dicevano in sostanza i parlamentari europei – a vostro piacimento. Il terrorismo è una scusa. Bisogna rivedere gli accordi e, dove non ci sono, bisogna fissarli ex novo. Anche perché – così suonava il testo della risoluzione -”le informazioni registrate dalla SWIFT, alle quali le autorità statunitensi hanno avuto accesso, riguardano centinaia di migliaia di cittadini dell’Unione Europea, visto che le banche europee utilizzano il sistema di messaggistica SWIFT per i trasferimenti interbancari di fondi a livello mondiale, e che da SWIFT passano quotidianamente milioni di bonifici e di transazioni bancarie”.
Un tale potere, come può capire chiunque dotato di un minimo di discernimento, dovrebbe consentire controlli molto raffinati su tutti i movimenti di riciclaggio di denaro sporco, che invece sembrano miracolosamente esenti da ogni rischio d’indagine. SWIFT controlla le banche svizzere, dove passa di tutto; controlla i trasferimenti che riguardano l’Iran, la Russia, la Cina, il Brasile. Controlla tutto ciò che entra ed esce dagli offshore (quasi tutti britannici), ma non ha dato alcun contributo a fermare i capitali provenienti dal commercio della droga. Analogo silenzio riguarda le fughe di capitali, l’evasione fiscale, inclusa quella dei contribuenti americani più importanti. Dunque un controllo – per usare un eufemismo – molto “selettivo”.
Per questo la risoluzione concludeva dichiarando la “ferma opposizione” nei confronti di “qualsiasi tipo di operazione segreta sul territorio dell’Unione Europea che si ripercuota sulla privacy dei cittadini europei”, aggiungendo la propria “profonda preoccupazione” che “operazioni di questo tipo avvengano senza che ne siano informati i cittadini europei e i loro rappresentanti parlamentari”. Esortando infine “gli Stati Uniti e i loro servizi di intelligence e di sicurezza ad agire in uno spirito di fattiva collaborazione e a notificare ai loro alleati le operazioni di sicurezza che intendono condurre sul territorio europeo”.
Quanto “fattiva” e “collaborativa” sia stata la risposta lo possiamo misurare nel 2013, alla luce di quanto sta emergendo dopo le rivelazioni di Edward Snowden. E questo non può che gettare un’ombra scura sul negoziato interatlantico che sta per cominciare – per altro circondato da troppi misteri – con l’obiettivo dichiarato di creare sviluppo nell’area occidentale. L’obiettivo non dichiarato è invece molto più politico che commerciale: è l’intesa tra gli Stati Uniti e gli alleati europei degli Stati Uniti per rafforzare ancor più tutti i legami di subordinazione europea in una fase in cui gl’interessi europei sempre più visibilmente cominciano a dissociarsi da quelli americani.
Ma lo scandalo del “Datagate” mette tutti in difficoltà. Perfino Hollande, maggiordomo francese, è costretto a dichiarare che sarà difficile trattare con chi ci spia. Un diplomatico occidentale, che desidera mantenere l’anonimato, si è espresso nei giorni scorsi in una felice battuta all’interno di un quadro piuttosto fosco: “E’ come se due ladri decidessero di scambiarsi le chiavi dei rispettivi appartamenti. Solo che, mentre avviene lo scambio, uno dice all’altro: scusa ma devo avvertirti che le chiavi del mio sono false”.
In realtà la faccenda è assai più complicata e grave dei soli controlli bancari e queste reazioni europee di finto stupore non fanno che alimentare la sottovalutazione. I controlli rivelati da Snowden riguardano infatti praticamente tutte le comunicazioni, interne ed esterne agli Stati Uniti. Non è la vita privata dell’uomo della strada ad essere messa sotto osservazione: sono le vite private di tutti i dirigenti politici a essere oggetto dello spionaggio. E sapere tutto di loro significa poterli ricattare in ogni momento, visto che di santi, in questa valle di lacrime, ce ne sono davvero pochi. Ecco perché i Napolitano e i Van Rompuy, i Barroso e gli Schultz, gli Hollande e i D’Alema fanno le sante madonnine indignate. Perché sanno di essere sotto ricatto, dal primo all’ultimo. Ecco da dove deriva la nostra sovranità limitata, anzi limitatissima: dal fatto di essere una colonia dell’Impero, retta da maggiordomi in livrea che preferiscono salvaguardare carriera e privilegi piuttosto che dire la verità ai loro sudditi inebetiti.
E ci sono ancora due risvolti da esaminare, che sono rimasti fuori dall’obiettivo delle telecamere. E non per caso. Il primo è che l’Impero in declino non è più in grado di controllare il mondo. Non lo è più dal momento che altri protagonisti emergono sulla scena mondiale, al di fuori dell’Occidente, dove l’Impero continua a dominare. Ecco dunque che possiamo osservare con precisione come le classi dirigenti esterne all’Occidente, determinate a non lasciarsi trascinare nel suo collasso, cercano di costruirsi una via autonoma di uscita dalla crisi planetaria. E, poiché non si fidano di Washington, e poiché hanno leadership non subordinate (o non del tutto condizionate) agl’interessi di Wall Street e Londra, eccoli cercare altre soluzioni.
Sto parlando del cosiddetto BRICS Cable, un progetto davvero strategico il cui obiettivo primario è appunto quello di sottrarsi al controllo e al condizionamento (leggi al ricatto) di Washington. E’ un progetto che entrerà già in funzione nel 2014, che costerà 1,5 miliardi di dollari e che sarà pagato dai cinque paesi del BRIC (Brasile, Russia, India, Cina, Sud-Africa), ai quali è già previsto si assoceranno, dividendosi spese e vantaggi, altri dodici paesi tra quelli che, un tempo, si chiamavano i “non allineati”. Comunque al di fuori dell’OCSE, cioè dell’Occidente.
Un cavo lungo 34.000 chilometri, che permetterà collegamenti diretti, senza intermediari, tra i cinque nuovi giganti emergenti, anzi già abbondantemente emersi. Essi hanno capito (e nel vertice di Nuova Delhi del 2012 hanno tirato le somme) che era impellente prendere decisioni strategiche proprio in tema di comunicazioni. Non solo per evitare di essere banalmente derubati di informazioni sensibili e cruciali, ma per poter impedire a eventuali nemici di “disconnetterli”. Insomma: più reti altrui sei costretto ad attraversare, più è probabile che tu sia intercettato. Più sono gli “hubs”, i nodi da superare, più saranno i controllori che guarderanno ciò che stai facendo e potranno prendere le loro eventuali contromisure. Per esempio una comunicazione tra Cina e Brasile, in questo momento, deve attraversare due “nodi” americani. Pensa che festa negli uffici della National Security Agency!
La festa finirà tra non molto, anche se i sistemi tipo MUOS, che gli USA stanno installando in quattro continenti (uno di questi è in costruzione a Niscemi, in Sicilia), uniti a una rete di satelliti geostazionari, stanno già studiando i modi per penetrare anche in eventuali nuove reti comunicative indipendenti. Insomma, la battaglia è aperta e sarà durissima. L’unica cosa certa, al momento, è che l’Europa, – questa Unione Europea, che abbaia al padrone, ma morde i suoi popoli -se ne sta accucciata nel proprio canile, incapace di reagire e di difendersi.
Infine c’è un aspetto che è decisivo e che, appunto per questo, viene ignorato dal mainstream. I sistemi di controllo e di ascolto planetario di cui ormai dispongono gli Stati Uniti e solo loro, hanno anche un altro risvolto: quello direttamente militare. Si tratta di armi, vere e proprie. Probabilmente le più importanti armi per la terza guerra mondiale che si sta velocemente approntando. Perché è già evidente che gli strumenti di controllo sul nemico sono tutti “multi-uso”. Puoi ascoltare, ma puoi anche interferire. Puoi leggere ciò che gli altri scrivono ma puoi anche cancellare. Puoi impedire al nemico di ascoltare, di sentire, di vedere. Puoi bloccare le sue difese. Puoi costringerlo a difendersi da attacchi che prima erano impossibili, e che vanno da improvvise epidemie, a modificazioni climatiche violentissime. Tutto questo è già possibile e il “Datagate” che qui stiamo analizzando altro non è che la pellicola protettiva che trovi sullo schermo del cellulare quando è ancora nuovo di zecca.
Noi tutti stiamo vedendo solo la pellicola di plastica, ma non ci è dato capire cose sta davvero accadendo. Qui sta la differenza tra il caso “Echelon”, o il caso SWIFT, e oggi. In questi anni le tecnologie di comunicazione-interferenza-attacco hanno avuto sviluppi mostruosamente veloci. Il progetto HAARP è in piena funzione (ricordo di nuovo il MUOS di Niscemi), lo spazio che circonda la terra è ormai sede di sistemi d’arma che sono stati approntati in vista di uno scontro planetario. E’ possibile entrare in un computer nemico e far esplodere a distanza ogni ordigno, e ogni centrale nucleare. E’ possibile impedire al nemico, magari nemmeno ancora dichiarato, di realizzare un suo progetto qualsivoglia. E’ possibile avvelenare i corpi, oltre che le menti dei sudditi altrui.
E tutti guardano il dito, mentre non vedono la Luna. Il pifferaio magico suona il suo strumento, come un rumore di fondo che impedisce di percepire l’uragano che arriva. La Luna è già scura e sta entrando in una eclisse fatale. Il giovane Snowden è una Cassandra che giunge in ritardo.
Giulietto Chiesa 
Fonte: http://megachip.globalist.it
Link: http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=79928&typeb=0&Il-Datagate-e-un-sintomo-
http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=News&file=article&sid=12034

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