D'un tratto nel folto bosco

Non c’era nessuno in tutto il paese che potesse insegnare ai bambini che la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quel che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero.
Amos Oz


giovedì 4 luglio 2013

Totò Riina: “L’agenda rossa di Borsellino rubata dai servizi segreti”

Il boss mafioso detenuto nel carcere di Opera a Milano è un fiume in piena, le sue dichiarazioni toccano quegli eventi che hanno determinato la svolta nella storia del nostro Paese, consentendo il transito dalla Prima alla Seconda Repubblica e la salita di Cosa nostra sul carro dei vincitori. A partire dal famoso ‘papello’ contenente le richieste avanzate dalla mafia siciliana, nel cui contesto spicca il ruolo di Giovanni Brusca, oggi collaboratore di giustizia. Brusca, ha dichiarato Riina, fu “il primo a parlare del ‘papello’”, ma “non ha fatto tutto da solo, c’è la mano dei servizi segreti”. Per poi parlare della famosa e mai più ritrovata agenda rossa del giudice Borsellino: “La stessa cosa vale anche per l’agenda rossa. Ha visto cosa hanno fatto? Perchè non vanno da quello che aveva in mano la borsa e si fanno consegnare l’agenda. In via D’Amelio c’erano i servizi”.
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Secondo il capomafia Cosa nostra non avrebbe mai potuto organizzare due stragi come quelle di Capaci e via D’Amelio senza l’appoggio di altri personaggi appartenenti ad ambienti para istituzionali: “Io sono stato 25 anni latitante in campagna senza che nessuno mi cercasse, come è che sono responsabile di tutte queste cose?”. E ancora: “Nella strage di Capaci – ha continuato Riina – mi hanno condannato con la motivazione che essendo io il capo di Cosa nostra non potevo non sapere come è stato ucciso il giudice Falcone. Lei mi vede a me a confezionare la bomba di Falcone?”.
 Le rivelazioni – riferite da La Repubblica - che l’ex capo di Cosa nostra ha rilasciato qualche settimana fa  ad alcuni agenti del gruppo speciale della polizia penitenziaria, fanno parte di una relazione che è stata oggi depositata al processo sulla trattativa tra Stato e mafia, nell’ambito della quale, asserisce Riina: “Sono stati loro a venire da me non io da loro”, aggiungendo poi che “Mi hanno fatto arrestare Provenzano e Ciancimino”. Frasi criptiche che dovrebbero in realtà tradursi in una concreta collaborazione con la giustizia. 
“Le ripetute e ravvicinate affermazioni del Riina su vicende processuali o fatti che lo riguardano (come l’arresto) appaiono anomale rispetto a un atteggiamento che da sempre lo ha contraddistinto, di ‘riservatezza’ nell’approccio con gli operatori tutti” ha detto Giacinto Siciliano, direttore del carcere di Opera, secondo il quale la “’loquacità’ di Riina “potrebbe avere un preciso significato quanto essere riconducibile a un deterioramento cognitivo legato all’età”.
Il boss corleonese, parlando con gli agenti, si è inoltre dichiarato “andreottiano da sempre”: “Appuntato, lei mi vede che possa baciare Andreotti? Le posso dire che era un galantuomo e che io sono stato dell’area andreottiana da sempre” ha detto durante una pausa di processo della trattativa all’agente che gli domandava se fosse vera la storia del bacio tra lui e Giulio Andreotti. 
Inutile dire che possono essere fatte innumerevoli congetture sul motivo che ha spinto Totò Riina, il quale ha sempre negato di essere a conoscenza della trattativa, a rilasciare dichiarazioni di tale peso. La verità è che Riina è ben consapevole, essendo condannato a numerosi ergastoli, che, come quasi tutti i capi di Cosa nostra (escluso Matteo Messina Denaro, tuttora latitante)  non uscirà mai più dal carcere. La ragione più plausibile che si nasconde dietro questa improvvisa inversione di rotta è che il capomafia voglia lanciare un messaggio, ricordando tutti i segreti di cui è a conoscenza. Finchè rimane in vita, Riina è una bomba pronta a esplodere in qualsiasi momento contro quello Stato-mafia che ancora oggi occupa le stanze del potere. 
Non è un caso, nè la prima volta che Riina fa delle rivelazioni proprio a ridosso dell’anniversario della strage di via d’Amelio. Nel luglio del 2009, dopo diciassette anni di silenzio, disse sull’uccisione di Paolo Borsellino che “L’ammazzarono loro”. E poi – riferendosi agli uomini dello Stato – aggiunse: “Non guardate sempre e solo me, guardatevi dentro anche voi”. 
Riina, o chi per lui, sta lanciando nuovi messaggi intimidatori: forse Cosa nostra, ancora una volta, vuole ricattare lo Stato-mafia? Aspettiamo e vedremo.
Tratto da: frontediliberazionedaibanchieri.it

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